ATTENZIONE

QUESTO BLOG È UN ARCHIVIO CHE RACCOGLIE I POST ANTERIORI AL 2014. IL NUOVO BLOG LO TROVATE QUI.

domenica 31 gennaio 2010

Album del giorno

Musica per il 30-01-10

Arcade Fire - Neon Bible
Gli Arcade Fire mi piacciono.
Sono cupi e drammatici. Allo stesso tempo però il loro gusto, che è molto più elevato di tanta altra roba che gira nello stesso ambiente, permette "schiarite" notevoli. I brani di questo album, che da alcuni giornalisti del settore è stato considerato più pop (!), prevedono sempre una risoluzione adeguata. La maggior parte delle volte tendono ad una "pace" sonora, una soluzione che riscatta il loro lato più scuro.

Avishai Cohen - At home
Anche se non è il suo disco migliore, vi consiglio di ascoltarlo.
Già dal titolo si può facilmente capire che è un lavoro intimo, più legato a ciò che il nostro gigantesco contrabbassista considera "casa".
Non mancano le sperimentazioni.
Vi segnalo Remembering, che è il pezzo che adesso ascolto prima di andare a dormire.

venerdì 29 gennaio 2010

Album (Gli) del giorno

Capita di mettere da parte dei dischi e di non ascoltarli.
Non so a voi, ma a me capita.

Oggi ne ho ascoltato qualcuno che non ha mai trovato spazio nelle mie giornate o che non ho mai ascoltato con attenzione:

Air - Love 2
Non mi è piaciuto. Tranne la prima traccia, Do the joy le altre sembrano canzoncine etniche fastidiose. Non solo hanno fatto di meglio, ma potevano forse pensarci un po' prima di registrare questo materiale. Purtroppo devo essere duro con loro, perché mi hanno abituato a ben altro che un disco frettoloso ed anche un po' incoerente.

Jaga Jazzist - What we must e A livingroom Hush
Ho tenuto questi dischi sull'iPod per quanto? Due anni?
Chi me li ha consigliati è un musicista. Adesso capisco come ha formato la sua mente schizofrenica a metà tra il pop e l'elettronica.
Strani, però con delle qualità. Quando fai un collage del genere o sei bravo o esce solo rumore.

Mogwai - Happy songs for happy people e Mr. Beast
Ecco, parlavo proprio di rumore.
Sono circondato da persone che considerano i Mogwai un gruppo MOLTO serio.
Happy songs for happy people è solo rumore.
Mr. Beast, per quanto sia più duro ed elettrico è certamente migliore.
Non è che mi piacciano tantissimo, però ammetto che sono circondato da persone che non è vero che non capiscono proprio nulla.

giovedì 28 gennaio 2010

Non raccontate mai niente a nessuno


Sono stato fortunato nella mia vita.
Le mie insegnanti di letteratura sono sempre state impeccabili. Magari qualcuna più simpatica e qualcuna più dura da sopportare, qualcuna più allegra e qualcuna più tetra. Ma impeccabili, tutte. Una è strettamente legata alla brutta notizia di questa sera.
La professoressa in questione è la professoressa di Italiano, Storia e Latino che ho avuto al biennio quando frequentavo il liceo. Avevo quindici anni.

A lei devo la lettura de Il giovane Holden nell'età giusta e nel tempo giusto. Non fraintendetemi, è un libro che anche letto a cinquant'anni fa il suo effetto, ma a quindici, quando sei un potenziale Holden Coulfield, è come un tuffo nell'acqua gelata.
Probabilmente quell'età, quel preciso momento, rappresenta il periodo più strano che un essere umano possa vivere (sono arrivato solo ai ventitré quindi date il giusto peso a ciò che sto scrivendo).
E' il momento in cui hai i capelli biondi e li vorresti neri, in cui hai le spalle strette e le vorresti larghe. Ti chiedi continuamente chi sei e se gli altri vivano quello che vivi tu.

In un quel periodo la compagnia non mi bastava, il casino non mi bastava, neppure la vita mi bastava la maggior parte delle volte.

Tutti ci si sente soli a quindici anni.
E tutti cerchiamo di non farci travolgere dal fiume della società. Anche chi sembra perfetto nasconde qualcosa, deve nascondere qualcosa, deve remare contro.
Holden è questo. E Salinger era la voce pronta a ricordarmi che tutti siamo quello che siamo, a quell'età e sempre, che difficilmente qualcuno avrà la capacità di capire quello che abbiamo da dire, quello che proviamo, quello che sentiamo di dover urlare. E' stata la voce che mi ricordava che avrei incontrato delle persone e che le avrei sentite vicine a me per qualche motivo. Che avrei cercato riparo in posti caldi e che me ne sarei andato in giro per musei se colpito da malinconia. Era la voce pronta a ricordarmi quanto avrei voluto bene a certe persone, a certe figure, senza nemmeno sapere il perché.
Poi si potrebbero scrivere tante altre cose. Si potrebbe discorrere in maniera critica di ogni parola che Salinger ha usato, del suo stile così irriverentemente adolescenziale, della sua spietata critica all'America e a ciò che sarebbe diventata.
Si potrebbe parlare del suo esilio volontario, della forza e del coraggio (o codardia?) che ci vuole per sparire dopo aver scritto un capolavoro.
Non ne posso parlare in questo modo perché porto così dentro la sua lezione e sono così legato alle notti passate a leggere il suo libro che finirei per essere troppo poco obiettivo.

Ma quant'è vero che bisognerebbe evitare di raccontare delle persone. Finisce che poi ti mancano tutte, dalla prima all'ultima.

-.-.-.-.-.-

J.D. Salinger - Il giovane Holden, Einaudi

J.D Salinger (1 gennaio 1919 - 28 gennaio 2010)


Ti taggo il boss

Ciò che veramente mi indispettisce è la doppia faccia dell'informazione.
Certo, questo è soltanto un piccolo caso, bisognerebbe prendere gli articoli più ampi, quelli di maggior interesse.

A Napoli però il calcio è una cosa fondamentale. Non è solo la partita di pallone.
Un argomento del genere salta di bocca in bocca fino a diventare una VERA notizia.
Parlo della foto che ritrae Marek Hamisk affianco al latitante Domenico Pagano.
Negli articoli pubblicati sulla questione, ovviamente, si evidenzia quanto il giocatore sia all'oscuro della vicenda e si sottolinea il fatto che non conosca il boss.

Però i giornali mettono questa foto in primo piano, giorno dopo giorno, ne parlano sulle pagine web, passa nei maggiori telegiornali italiani. E per quanto si possa dire "Hamsik non è chiaramente colpevole" continuano a mettere la sua faccia affianco a quella del boss. In questo modo si crea il dubbio nello spettatore e ciò non è fatto volutamente (siamo tutti d'accordo che Hamsik davvero non c'entri niente) ma in modo da creare la notizia. Notizia che chiaramente non esiste: Hamsik scatta una foto con un fan, punto. Qual è la notizia? Che i boss venerano i giocatori del Napoli? Oppure che Hamsik scatta una foto con un boss?

In ogni caso è gossip.

mercoledì 27 gennaio 2010

Michelangeli op. 23

Esattamente come l'anno scorso ieri sera ho rivisto Il pianista.
E' periodo di ricordi e di memoria.

Ogni volta che lo vedo penso alla morte ma anche alla bellezza del mondo.
E di quanto la musica sia capace di ergersi sopra ogni cumulo di macerie, come monumento alla grandissima sensibilità umana.

lunedì 25 gennaio 2010

Goodbye pork pie hat

Di questo pezzo mi piace tantissimo il tema.
Ho già scritto qui di quanto mi piacciano i titoli dei pezzi strumentali nel jazz. Mi piace tanto provare a ricostruire le storie dietro le composizioni, immaginarle più che altro, inventare soluzioni ad un misterioso legame che sembra non poter mai averne di certe e definitive.

Fosse per me, nelle interviste ai Jazzisti farei solo domande del genere:
Com'è nato questo pezzo? Perché l'ha intitolato così?
E soprattutto queste sarebbero le domande che mi piacerebbe di più sentire da musicista.
Ecco perché forse non posso considerarmi musicista. (vedi post precedente)

Comunque, questo brano ha un titolo magnifico ed un tema spettacolare.
Il brano originale è di Charles Mingus, contrabbassista e compositore che io apprezzo tanto, mai scontato e soprattutto dallo stile molto personale e riconoscibile. Stiamo parlando di uno dei più grandi, eh.
Questa versione è suonata da un altro contrabbassista che amo, questa volta bianco, ma anche lui mai scontato e dotato di grande talento.

Bottesini - Elegia in D

E' difficile dire quanto musicista ci sia stato in me.
E' difficile dire anche quanto musicista ci sia rimasto, dopo aver scelto di prendere una pausa dalla musica praticata.

Qualche giorno fa, mi è stato consigliato un brano da un'amica, un brano sinfonico, con questa motivazione: Sei un musicista, credo ti possa piacere.

Insomma, lei sostiene che io lo sia ancora, nonostante la mia scelta. Ed in effetti, una volta preso il coraggio di ammettere - coraggio che comunque mi manca perché forse per modestia o per vero bisogno non mi sono mai considerato tale - che sono dentro un po' musicista, non posso far altro che accettare la grande dipendenza che mi causa, l'enorme ed incontrollata assuefazione, la sproporzionata emozione che provo ascoltando.
Decisi di suonare uno strumento classico, qualche anno fa, per provare a tirar fuori questa bellezza. Forse ho solo deciso che per me non è così importante tirarla fuori, ma che mi basta esserne testimone.

Non ci sono molti video validi dell'Elegia in Re di Bottesini, ho scelto quello che sembra essere il migliore e che nonostante qualche difetto riesca a rendergli più giustizia.

domenica 24 gennaio 2010

Era un divertimento

Il bello dei social network è questo:
Uno fa una sciocchezza, crea un gioco, un passatempo, e se lo porta avanti con costanza, che sia serio o meno, finisce che qualcuno lo segue.

Su Facebook, un mesetto fa, ho sostituito l'immagine personale del profilo con questa:



Ho aggiunto con Paint degli occhi ed una bocca all'immagine che automaticamente appare nel profilo quando ancora non è personalizzato. Ho continuato per un po' a modificarla, una volta mettendo una bocca stupita, una volta mettendogli una fascia in testa come fosse un combattente, una volta travestendolo da zorro.
Piano piano, gioco dopo gioco, siamo arrivati a questo:






venerdì 22 gennaio 2010

La gente della notte

Sono sempre confuso quando si tratta di affrontare la questione del sentirsi impopolari.
Non capisco se oggi essere impopolari vuol dire parlare bene di qualcosa che piace a tutti, o parlare male di quel qualcosa che piace a tutti, o parlare male di quel qualcosa che piace a pochi.

Sono tempi confusi.

Questa è partita dal mio iPod con riproduzione casuale ieri notte, mentre tornavo a casa.


giovedì 21 gennaio 2010

Mentre Leggo...Oblio

Piccolo bug della rubrica "Mentre leggo".
In realtà sto leggendo Oblio di Wallace, ma ho comprato l'altro giorno Brevi interviste con uomini schifosi, e la prefazione di quest'ultimo è a cura di Fernanda Pivano.
Chi più di lei poteva giudicare con professionalità il lavoro di David Foster Wallace?

"La sua è una narrazione visionaria e sensazionale, a volte alienante quando diventa metanarrativa, ma stupenda nei ritratti evocativi e nei monologhi in cui Wallace è indiscusso maestro, secondo la tradizione più codificata. Le ossessioni e gli esperimenti che a volte lo ispirano lo hanno fatto accostare a Edgar Allan Poe; ma il suo senso personalissimo dell'alienazione, del solipsismo, della futilità della comunicazione gli hanno dato un suo carattere che lo ha liberato dal pericolo di rientrare nel tono dei cosiddetti Grandi Narcisisti (per esempio John Updike) e lo ha fatto nominare nell'elenco proposto dal New Yorker dei venti scrittori al di sotto dei quarant'anni che rappresentano il futuro della narrativa americana."

-.-.-.-.-.-.-

David Foster Wallace - Oblio
David Foster Wallace - Brevi interviste con uomini schifosi

mercoledì 20 gennaio 2010

In ricordo dei vecchi tempi

Non è che l'ultimo film di Verdone non mi sia proprio piaciuto.
Qualcosa l'ho trovata apprezzabile, ma come scrivo qui, forse Verdone deve far fronte ad un cambiamento italiano che ancora non riesce a ritrarre.

Questo l'ho rivisto ieri. E quanto mi fa ridere ogni volta.

Internet e il Nobel

Ci ho pensato un po' su.
Prima mi sono detto: Ma il nobel lo si da alle persone, non ai mezzi.
Poi mi sono dato uno schiaffetto sulla testa mortificandomi autonomamente e personalmente.

Internet non è solo un mezzo, considerando tutto ciò che mi e ci permette di fare.

Quindi sono d'accordo. Leggete l'articolo, perché se siete persone a cui piace montare video e girarne qualcuno, anche, potete partecipare al concorso di Wired e YouTube.

martedì 19 gennaio 2010

Craxi

Sono d'accordo con Scalfari riguardo la lettera di Napolitano ad Anna Craxi.

"La seconda carica dello Stato ha poi ricordato l'esperienza politica e giudiziaria dell'ex leader socialista ai tempi di Mani pulite: «Una crisi, legata anche a fenomeni diffusi di corruzione della vita pubblica, che, come si vide negli anni seguenti, chiuse l'esperienza della "Repubblica dei partiti" segnandone la fine. Una crisi che vide offerta, da un ceto politico intimorito ed esausto, come "vittima sacrificale" la figura dello statista che oggi qui ricordiamo e da qui l'aggressione (non solo morale), il processo, la condanna, la forte determinazione a trascorrere gli ultimi anni di vita all'estero e la morte» in terra straniera. Quella esperienza, avverte Schifani, «ci deve essere oggi di monito»." (Schifani sul Mattino)

(con Schifani sono decisamente meno d'accordo)


domenica 17 gennaio 2010

Una storia personale

Lo so, lo so.
Quando scrivo delle mie vicende personali sono noioso.
Ma questa dovete leggerla.

Quand'ero piccolo, alle elementari, avevo un migliore amico.
Se scrivo migliore amico è perché per anni - davvero non sto scherzando - anche i più grandi amici incontrati al liceo, all'università, nell'ambiente musicale, hanno dovuto lottare per reggere il confronto con quell'amicizia.
Andavamo al cinema insieme, facevamo le vacanze insieme, dormivo da lui, lui dormiva da me, leggevamo libri insieme, nei viaggi con la scuola (si, ho fatto una scuola particolare, che ho difeso tra l'altro in una lettera su Repubblica dopo alcuni problemi) dividevamo sempre la stanza d'albergo, giocavamo con le prime consolle distribuite, facevamo gli stessi sport, ci siamo divisi qualche fidanzatina ecc ecc.

Dopo dodici anni, nel settembre del 2008 (ed anche di questo ho già scritto), ci siamo rincontrati. Oggi abbiamo giocato insieme a pallone.
Una vera partita di calciotto in piena regola.

Quand'era piccolo odiava il calcio.
Con noi noi giocava mai.
Adesso non è fissato con il calcio, ma di più.
E ha anche un piede discreto, se proprio vogliamo dirla tutta.

sabato 16 gennaio 2010

Fratture

C'è una frattura nel nostro paese, una frattura "mentale" se così possiamo definirla, che mi lascia perplesso.

Quando fischiano contro Balotelli fanno chiudere le curve.

E quando si spara agli immigrati? Che si fa?

Aspetto una bella manifestazione da parte del tifo bianconero, ricco di slogan e canzoni cantate ad alta voce.

giovedì 14 gennaio 2010

Il peso della farfalla

Avete mai visto un camoscio?
Intendo, avete mai visto un camoscio libero nel suo habitat naturale?
Io si, più di una volta. Gli incontri che ricordo meglio sono due. Un pomeriggio sul rifugio di Forca Resuni, con mio padre ed alcuni amici di famiglia, il secondo sul Monte Meta.

La prima volta ricordo le nuvole all'altezza della testa, l'aria elettrica e un'enorme distesa verde davanti a noi. L'abbiamo avvicinato e lui è rimasto fermo. Ci ha guardato, voleva andare via ma si è incuriosito. E' rimasto a mezzo metro da noi annusando l'aria che portava il nostro odore. Fino a quel momento, avrò avuto sette anni o poco più, non avevo ancora afferrato la differenza tra incontrare un animale in uno zoo ed incontrarlo in libertà. Parlo di quelle recinzioni in cui puoi dare cibo agli agnellini e alle pecorelle, con affianco una mamma che chiama con veemenza fiocco di neve qualsiasi quadrupede bianco.
La differenza è che l'incontro con l'animale in libertà porta dietro di se strascichi di incontri ancestrali. Il camoscio non si è avvicinato annusando le nostre mani e cercando del cibo, ha avuto la libertà di osservarci e capire chi fossimo e che cosa volessimo.
Ci ha guardato negli occhi alla pari, senza mediazioni.

La seconda volta è stata ancora più significativa. Saliti su un vero dente di pietra, la vetta del monte Meta, abbiamo letteralmente potuto osservare una valanga scura cadere dalla montagna. Era un gruppo di camosci, scivolava sul pendio fino a valle, saltando compatto, fuggendo, rotolando.

"Gli zoccoli del camoscio sono quattro assi in mano a un baro. Con loro la gravità è una variante al tema non una legge"

La verità.
Nei libri di Erri De Luca, alle volte scavando con attenzione, alle volte senza doversi impegnare e faticare, si trova sempre almeno una verità.
In questo libro ne ho trovate due. Una è quella appena riportata, l'altra è questa:

"Le bestie stanno nel presente come vino in bottiglia, pronto a uscire. Le bestie sanno il tempo in tempo, quando serve saperlo. Pensarci prima è rovina di uomini e non prepara alla prontezza."

-.-.-.-.-.-.-

Erri De Luca - Il peso della farfalla, Feltrinelli

mercoledì 13 gennaio 2010

Ciruzzo a papà

A parte il fatto che è quasi impossibile trovare immagini in cui indossi la maglia del Napoli, il tuo Napoli, Ciruzzo, non ti pigliare collera ma qualcuno lo chiama destino.


martedì 12 gennaio 2010

Fahrenheit - Erri De Luca

Ad Erri De Luca fanno quasi sempre le stesse domande.
Anche in quest'intervista gli chiedono della passione per il Testo sacro e delle sue esperienze da muratore, però gli permettono di esprimersi di più anche sul lavoro dello scrittore.
E dice qualcosa anche della sua esperienza politica.

lunedì 11 gennaio 2010

I bei film di una volta

Il post di Matteo Bordone Anche più di Spielberg mi ha ricordato quanto alcuni film degli anni '80 siano stati fondamentali nell'idea che ho sviluppato di costruzione narrativa.

L'elenco è troppo lungo. Ma questo non potevo fare a meno di citarlo.


Wargames - 1983


Rosarno

Possono provare a dare tutte le spiegazioni che vogliono. Ma quando si spara si spara.
E possono anche dire che la loro reazione è semplicemente una reazione, ma quando prima tratti come una bestia un essere umano e poi lo chiami anche bestia, tra le altre cose, non puoi giustificarti più di tanto.

Questo è razzismo, punto e basta.
Oggi su RepubblicaTv si parlava di questo. E si parlava dell'imbarazzo di dover trattare un argomento del genere.

Ora possono dirmi quello che vogliono. Possono continuare a dire che i clandestini vanno buttati fuori, possono dire che la colpa è dell'uno o dell'altro. Io spero che tutti quelli che parlano e che hanno parlato in questi giorni abbiano un po' di difficoltà a prendere sonno. Perché io alle volte non so più dove buttare lo sguardo per non farmi prendere dallo sconforto.

sabato 9 gennaio 2010

Questa è l'acqua

La raccolta di testi si apre con una nota di De Lillo.

"Ora lo conosciamo come uno scrittore coraggioso in lotta contro la forza che voleva indurlo a rinunciare a se stesso. A distanza di anni sentiremo ancora il gelo che ha accompagnato la notizia della sua morte. [...]Giovinezza e perdita. Questa è la voce di David, americana."

Oggi un amico mi ha chiesto: Perchè stai leggendo così tanto di Wallace?

La risposta è stata immediata. E' la mia indole, se un autore mi piace, cerco di andare il più a fondo possibile. Ma non è solo questo, c'è di più.
Wallace fa di me quello che vuole. Mi fa innervosire, mi angoscia, mi fa ridere, mi fa commuovere. E' così ridicolo spendere parole su un testo, ogni suo testo, che di parole non ha mai bisogno. Di ogni storia coglie uno scorcio diverso, l'univa visuale che una persona normale o un autore normale non avrebbe mai pensato di adottare.
E a chi lo inserisce solo nel fenomeno del postmodernismo, sono pochi ringraziando il cielo, dico di leggere con più attenzione. Anche se è così evidente che non ci sarebbe bisogno neppure di una seconda lettura.
Cos'ha di speciale Wallace? Io lo sento, soprattutto dopo aver letto questa raccolta, che ha provato per tutta la vita a sfuggire al male del nostro tempo. So che ha provato con tutte le sue forze ad arginare quella che chiama la cosa brutta, che ogni volta che ha respirato il male ha avuto sempre la capacità di vedere il bene meglio di ognuno di noi. Si, mi sento coinvolto.
Non ho mai letto le opere di un autore ed essere dispiaciuto che una volta finite quelle pubblicate non ne avrò a disposizioni altre. Mi è capitato con qualche rock star, ma mai con uno scrittore. Ho pensato qualche volta peccato che sia morto così giovane ma mai ho dovuto sopportare il vero dispiacere, il sentire la mancanza.
E non sto parlando di quella idealizzazione adolescenziale. Io sento la sua mancanza.
A me dispiace che la sua voce sia stata zittita. E mi dispiace che sia stata zittita nonostante la sua lotta. E mi dispiace che non sia riuscito a dirsi fino in fondo che lui non era la malattia, che lui non era il male che aveva in testa. Mi dispiace che non ci sia riuscito, perché invece è riuscito a dirlo a noi nel racconto Solomon. Ce l'ha scritto, ce l'ha lasciato scritto su un post-it attaccato sopra il frigorifero.
E mi dispiace perché so che lui non riusciva a sopportare il dolore degli altri, che sarebbe stato in pena anche per me, per i miei problemi da giovane uomo, se mi avesse conosciuto. Mi dispiace perché so che il dolore degli altri era anche il suo dolore.
Mi dispiace perché mi ha spiegato che non sono il centro del mondo, che in una fila lunghissima alla cassa di un supermercato io non sono diverso da nessuno degli altri miei colleghi, non sono l'unico ad essere annoiato e che non sopporta quella situazione. Mi ha spiegato che tutti, dopo otto ore di lavoro, vogliono tornare a casa, che nessuno nel traffico ha davvero l'obbiettivo di intralciarmi.
Nel discorso tenuto alla consegna delle lauree del Kanyon College nel 2005, intitolato proprio Questa è l'acqua, Wallace parla di cultura.

"L'unica cosa Vera con la V maiuscola è che riuscirete a decidere come cercare di vederla. Questa, a mio avviso, è la libertà che viene dalla vera cultura, dall'aver imparato a non essere disadattati; Riuscire a decidere consapevolmente che cosa importa e che cosa no."

Posso leggere ogni libro che ha pubblicato.
Ma so che mi mancherà. Posso leggere e rileggere le sue interviste, ascoltare ancora e ancora l'intervista fatta a Capri. Ma niente può portare nuovamente le sue parole ai nostri occhi.
Mi dispiace come se fosse un mio amico. E non provo vergogna nell'ammetterlo.
Un amico grande e grosso, un po' strano forse. Ma che sa indicarti un'altra possibiblità, un altro punto di vista. Un amico geniale.

-.-.-.-.-.-

David Foster Wallace - Questa è l'acqua, Einaudi



venerdì 8 gennaio 2010

Piccole rivoluzioni personali

Chi l'avrebbe mai detto.
Faccio un po' il sentimentale: a breve questo blog compirà un anno.
Ammetto che il titolo mi è venuto un po' a noia, ogni mattina mi sveglio deciso finalmente a cambiarlo e poi mi dico: non puoi cambiare il nome di un qualcosa che porti avanti quasi ogni giorno da un anno.
Puoi cambiarlo dopo qualche settimana, un mese, forse due, ma dopo un anno no.
E non riesco nemmeno ad avercela completamente con me stesso per la scelta del titolo. E' il primo titolo che mi è venuto in mente. E chi se lo aspettava che avrei tenuto un blog per un anno. L'Aleph, quello si che era un gran titolo. E' il primo blog che ho aperto, ma non ha funzionato.
Questo non ha funzionato, che mai avrei deciso di usare un anno fa, dimostra che qualcosa è cambiato. Sono un blogger ormai, un perfetto ragazzo del suo tempo.
E non è poi così male. Prima di tutto non guardo più la televisione ed ascolto tantissima radio. Seguo tantissimi blog interessanti, e con qualcuno mi trovo d'accordo. Con qualcuno invece non mi trovo d'accordo, ed è altrettanto importante.
Sono diventato un perfetto ragazzo del suo tempo, con la fissa per la multimedialità e con arti tentacolari che digitano tasti alla velocità della luce.

Certo che potrei accorciarlo un po' questo titolo. Tipo CCP e qualche volta scrivo.

Oh, questa dovete sentirla: Ho comprato un Mac.
Si! L'ho fatto. E sono pure contento di averlo fatto.
Ho giurato su Facebook, davanti agli occhi di più o meno 500 testimoni, che Windows non lo toccherò mai più.

Podcast

Ho trovato grazie ad iTunes, un'intervista molto interessante.
E' un po datata, ma molto significativa.
Lui non mi sta simpatico. Ma possiamo davvero, arrivati a questo punto, giudicare ancora in questi termini?


"Nella ricerca della verità a volte alcuni di noi scoprono delle cose importanti. Però se credono di essere importanti loro, sbagliano."

mercoledì 6 gennaio 2010

Il paese delle prugne verdi

Ho sempre provato ad immaginare cosa significasse vivere sotto dittatura.
Fortunatamente, per quanto molti non siano d'accordo, non l'ho mai provato sulla mia pelle.
Molti sono i racconti ed i romanzi sull'argomento, qualcuno l'ho anche letto.

Ma la frase "e sulle biciclette verso casa, la vita ci sfiorò, ma il re del mondo ci tiene prigioniero il cuore" tratta da Il re del mondo di Franco Battiato, mi ha sempre dato l'idea che vivere sotto dittatura possa voler dire proprio questo.
Essere sfiorati dalla vita, per qualche attimo, ma essere costantemente prigionieri.
So che il brano di Battiato non tratta di questo, ma di Sufismo, di filosofia e di libero arbitrio.
Ma per anni ho percepito la stessa ansia di chi diviene prigioniero della propria terra grazie a questa canzone. E qualcuno che ha vissuto sotto dittatura, mi ha confermato questa terribile sensazione.

Il paese delle prugne verdi di Herta Muller comunica tutto questo.
Nella Romania degli anni '80 quattro amici vivono la dittatura, il terrore degli interrogatori, la perdita del lavoro, le minacce di morte. E la fuga, per alcuni vera sconfitta, è l'ultimo atto della propria vita.
Il dittatore, il re del mondo per i quattro ragazzi è Nicolae Ceauşescu.
Sopravvive l'amicizia, i giochi, la volontà di vivere di libertà. Resiste la poesia.

"Le lettere coi capelli non erano servite ad altro che a leggere la propria paura nella grafia dell'altro. Ognuno doveva farsi una ragione delle lappole, delle averle, dei bevitori di sangue e delle macchine idrauliche, tenere gli occhi ben aperti e contemporaneamante chiuderli.
Quando perdemmo il lavoro, ci accorgemmo che vivere senza questa sofferenza sicura era peggio che vivere sotto la sua costrizione."

-.-.-.-.-.-

Herta Muller - Il paese delle prugne verdi
Franco Battiato - Il re del mondo

Breve diario fotografico di queste vacanze invernali

Da poco passata mezzanotte, primo torneo Pes dell'anno.



Ed il cenone si sa, fa danni.


Il vero gioco d'azzardo.


Un gioco che non fa per me. Infatti perdo tempo come posso: Nucleo Armato Armando Maradona.


Ed ecco cosa può regalare l'autostrada ritornando a casa.

lunedì 4 gennaio 2010

Come trasformare una stanza in uno studio radiofonico.

Non è stato così difficile.
Forse perchè i nostri mezzi non sono poi così male.
Un pc fisso, un mcbook, un mixer, un microfono dinamico, una lampada di Ikea col braccio mobile.

Il primo podcast di Mi sta stretto lo stivale, il primo programma di Radio VentiDieci è stato un successone. Sono molto soddisfatto e molto fiducioso. Faremo sempre meglio.
Sarà che questa cosa l'ho pensata in grande, sarà che gli amici e collaboratori mi hanno preso sul serio, ma questo progetto comincia a funzionare.

Ieri notte, verso le 4:00 Alessandro Germanò (già creatore dell'incredibile Post Rock Notes) smanettava ancora per creare il feed su Itunes. E ci è riuscito.

Siamo soddisfatti. Siamo felici. E siamo curiosi. Curiosi di scoprire cosa accadrà.
E' un buon momento per fare Radio questo. Anche per ascoltarla.

Rimanete in ascolto.

Potete seguire VentiDieci qui.



Da sinistra: Corrado Parisi, Riccardo Cremona, Alessio Strazzullo

domenica 3 gennaio 2010

Saldi.


I luoghi comuni sulle donne ed i centri commerciali sono tutti veri. Questo è il primo punto. Non me ne vogliano le lettrici di questo blog ma non credo nell'esistenza di quelle donne io non ci metto nulla a comprare i vestiti sono come un uomo.
Nessuna donna è come un uomo.
Al limite in un centro commerciale si possono incontrare uomini meticolosi che scelgono come donne.

Siamo prima in due, seduti su sgabelli di fortuna ad osservare la lunga fila per entrare in camerino. Poi diventiamo tre, poi quattro. Dopo un po' arriva anche un quinto.
E tutti insieme iniziamo a fare una gran bella conversazione telepatica.
Siamo distrutti e scoraggiati e tutti preghiamo in silenzio cercando conforto negli altri quattro.
Preghiamo affinchè:

1) Il jeans, la maglia, il maglione le entri.
Perchè le donne nei centri commerciali dimenticano quanto essere lì rappresenti una grande prova d'amore. E non sarà una taglia in più a farci cambiare idea sulla donna che coraggiosamente accompagnamo in una tale valle di lacrime.
2)A nessuna venga in mente di provare a fare la furba in fila. Un litigio tra donne non può essere sedato, e soprattutto, dovendo prendere le difese della nostra compagna, dovremmo sciogliere questa silenziosa alleanza. L'unica cosa che adesso ci tiene in bilico, un po' più dal lato della tranquillità e che ci salva da una crisi di nervi è il fatto di essere lì tutti insieme.

Viene abbattuta ogni barriera sociale. Ci sorridiamo tutti.
Sorrido al tipo brillantinato con le Hogan al piede, che sorride a sua volta al tipino indi con la maglia di Hulk, che sorride a quello col bomber dorato e la tuta della Legea. Tutti e quattro guardiamo e proviamo a sostenere il quinto tipo messo decisamente peggio, quello con le occhiaie e la barba incolta, che stasera non commetterà un uxoricidio solo grazie a questo nostro gesto di compassione.

Ma perchè, nonostante tutto, siamo lì?
Cosa ci ha spinto un sabato sera, il primo sabato di Saldi, nel più grande centro commerciale campano, centro nevralgico dell'acquisto di un'intera regione?
E questo è il secondo punto. Anche tutti i luoghi comuni sugli uomini e l'altro sesso sono veri.

sabato 2 gennaio 2010

Smaltite? Perchè mi piace la radio.


State smaltendo?
Il cenone ed i festeggiamenti vi hanno massacrato?

Buon anno!
Pensate a quei poveracci che erano in piazza sotto la pioggia per vedere Fabrizio Frizzi o ascoltare Tiziano Ferro ed il mondo vi sorriderà.

Aspettavo con ansia questo 1° gennaio.
Perchè? Perchè finalmente parte il nostro progetto che porta il nome del nuovo anno appena cominciato. VentiDieci, appunto.

Cos'è VentiDieci? E' una radio. Una web-radio per la precisione. Lo staff al momento è composto da una quindicina di persone. Non sappiamo esattamente quando sarà pubblicato il primo podcast, ma stiamo lavorando, ed anche intensamente.
Perchè la radio? Perchè credo che sia uno degli strumenti più potenti che ha trovato nuovo spazio sul web. E poi le radio ufficiali iniziano a chiudere i programmi più interessanti e che vanno controcorrente.
Questa è una delle cose che vogliamo fare, andare controcorrente. Banalità?
E per noi andare controcorrente vuol dire davvero andare controcorrente. Seconda banalità?

Sul blog www.ventidieci.wordpress.com potete seguire il work in progress. Ci trovate anche su Facebook, ovviamente. Anche su Twitter.
Personalmente credo che sarà un successo. Un po' per l'impegno che ci stiamo mettendo, un po' perchè credo che i programmi che stiamo scrivendo siano davvero interessanti.
E mi piace il nostro motto.

Scaviamo per trovare l'acqua. E cerchiamo mani.


Da sinistra verso destra: Teresa Costabile, Luigi Palumbo (sopra), Alessandro Germanò (sotto), Annalisa Mantellini, Riccardo Cremona (sopra), Loris Spadaro (sotto), Corrado Parisi, Alessio Strazzullo, Rossella Della Corte.